Il Palazzo

PALAZZO CACCIAPIATTI FOSSATI

Fu su commissione del cavaliere Luigi Cacciapiatti che iniziò la costruzione del palazzo, tra il 1670 ed il 1674.

Il terreno su cui sorge la dimora patrizia faceva parte, nei secoli precedenti, del sobborgo di Sant’Agabio che venne inglobato all’interno delle nuove mura ricostruite dagli spagnoli, tra il 1553 ed il 1600, sul perimetro degli attuali baluardi.

Nel periodo in cui venne costruito il Palazzo, Novara attraversava un periodo di rinascita sia demografica che economica, dopo le carestie degli anni 1627-28 e l’epidemia di peste, di manzoniana memoria, terminata nel 1631. Dai censimenti dell’epoca, infatti, la popolazione novarese risultava essere quasi triplicata, dai 3800 abitanti sopravvissuti alla peste, ai 10.500 del 1718.

La via ove venne costruito il palazzo, divenuta, dal 1895, via Pietro Azario, era detta, alla fine del XVIII secolo, Contrada delle Munizioni dai depositi militari posti nell’ex convento di Sant’Agnese (l’attuale Procura della Repubblica, ubicata nella vicina via dei Brusati (all’epoca contrada di San Nicola). Il Palazzo recava il numero civico 309.

La facciata del palazzo è intonacata e presenta stucchi, di gusto settecentesco, solo intorno a balconi e finestre. Di notevole pregio sono le decorazioni delle ringhiere dei 13 balconcini superiori, della balconata al piano nobile e della cancellata interna, interamente realizzate in ferro battuto.

L’elegante sobrietà delle decorazioni, mette in luce uno stile tardo barocco meno opulento e un po’ più frivolo del barocco ma, allo stesso tempo, raffinato e disinvolto.

Al centro del palazzo, al piano terra, il grande cortile, che un tempo consentiva l’ingresso alle carrozze, è circondato, su tre lati, da un portico con doppie colonne di granito.

Oltre il cortile, verso il baluardo, ove ora sono presenti le due ali aggiunte nel ‘900, vi era originariamente un giardino.

Al primo piano, nella stessa direzione, un altro ordine di doppie colonne, identico a quello che circonda il cortile, serve da raccordo e congiunge le due ali del palazzo.

All’interno del palazzo i saloni appaiono riccamente decorati secondo il gusto dell’epoca che si ricollega, come nella maggior parte dei palazzi coevi, all’Accademia dell’Arcadia, movimento letterario nato a Roma nel 1689 a contrasto del manierismo artificioso originatosi nel periodo barocco e volto al ritorno allo stile classico e principalmente al genere pastorale come quello dell’Arcadia, la mitica regione greca del Peloponneso. Le raffigurazioni di queste pastorali evidenziano, solitamente, scene bucoliche ed intrighi amorosi fra divinità, ninfe e mortali come nel caso di Palazzo Cacciapiatti Fossati.

Di particolare interesse è il grande salone d’onore con affreschi attribuiti al Legnani ove, negli anni passati, avevano luogo le Assemblee dell’Ordine degli Avvocati.

Al suo interno viene riproposto il motivo della facciata esterna del palazzo, compresi i balconcini in ferro battuto e le finestre, dipinte con giochi di trompe l’oeil che simulano le aperture e donano luminosità all’insieme.

Ad ogni angolo del soffitto è raffigurata una balaustra adorna di motivi floreali mentre le ricche decorazioni del salone si susseguono con motivi a conchiglia e stucchi dorati ad ornamento dei grandi affreschi presenti e rappresentanti scene mitologiche.

Al soffitto è raffigurato l’Olimpo con Giove, riconoscibile per l’aquila che lo affianca, seduto sotto una tenda sorretta da due putti. Attorno appaiono altri dei e più scostato Ercole appoggiato alla clava.

L’affresco posto al centro della parete sinistra rappresenta due episodi della vita di Paride, figlio di Priamo, re di Troia.

In basso appare il giovane mentre conduce le bestie al pascolo. Il giovane principe, infatti, secondo la leggenda, in seguito alla profezia del fratello Esaco che aveva previsto la fine di Troia per causa sua, era stato abbandonato sul monte Ida ancora infante ma la pietà di Agelao, capo dei pastori di Priamo, aveva fatto sì che il bambino venisse da lui adottato in segreto. In seguito, lo stesso Priamo venuto a conoscenza della sua esistenza in vita, l’aveva felicemente riaccolto a palazzo, convinto che la profezia non dovesse più aver luogo.

In alto, Paride è rappresentato mentre assegna il pomo della discordia a Venere che, pur di essere proclamata vincitrice in una gara di bellezza con Giunone e Minerva, aveva promesso al giovane la donna mortale più bella, Elena, moglie di Menelao, dando origine all’epica guerra.

Al centro della parete destra è rappresentato il ratto di Elena con Venere che protegge Paride durante la fuga mentre Cupido, dio dell’amore, scocca la freccia che legherà irrimediabilmente i due amanti.

Gli altri affreschi presenti nelle numerose sale rappresentano tutti personaggi mitologici in particolare Apollo, identificato nel sole con una corona di raggi intorno al capo ed Artemide, sua sorella, dea della caccia, rappresentata, in contrapposizione, con una falce lunare per diadema.

Molti furono i personaggi di spicco che vennero ospitati a palazzo: tra essi, Vittorio Amedeo III e la consorte Maria Antonietta di Borbone che ivi sostarono in occasione delle nozze del figlio Vittorio Emanuele, duca d’Aosta, con Maria Teresa d’Asburgo-Este, nozze solennemente celebrate nella nostra cattedrale il 25 aprile del 1789.

Dieci anni dopo, fu la volta del conte Aleksandr Vasil’evič di Suvorov di Rymnik, generalissimo russo inviato, più che settantenne, dallo Zar Paolo I al comando delle forze austro-russe. Grande stratega, riuscì, anche se per breve tempo, a vincere le truppe napoleoniche e a costringerle alla ritirata.

Nel 1800, alla fine del mese di maggio, Napoleone I prese possesso di Novara ed il generale Louis Alexandre Berthier, maresciallo dell’impero e Capo di Stato Maggiore dell’armata d’Italia stabilì, in questa sede, il quartier generale dell’esercito francese.

Nel settembre del 1828 Carlo Felice, divenuto re di Sardegna in seguito all’abdicazione del fratello Vittorio Emanuele I, in occasione di una visita al Lago Maggiore sostò a palazzo con la consorte Maria Cristina di Sicilia.

Dal settembre del 1943, il palazzo divenne sede, in seguito all’occupazione tedesca, del Militär Kommandatur per il controllo del traffico ferroviario.

Una decina di anni dopo e solo per poco tempo, vi ebbe sede anche il Comando Provinciale della Guardia di Finanza, prima del suo trasferimento a fianco alla Questura, nell’ex Casa Littoria di Piazza del Popolo.

Il Palazzo è di proprietà comunale e dalla fine del 2003, sono cominciati i lavori di ristrutturazione dell’edificio che ospita definitivamente gli uffici del Tribunale dopo l’insediamento della Procura nel vicino ex Istituto Professionale Bellini, già Convento delle monache di Sant’Agnese, alla fine del XVI secolo, poi caserma dalla fine del XVIII secolo, sino alla chiusura, nel 1810, per la soppressione degli ordini religiosi operata da Napoleone ed infine Istituto scolastico dalla fine dello stesso secolo.